martedì 15 luglio 2014

IO ZOMBO, TU ZOMBI...ROB ZOMBIE - ALCATRAZ MILANO 27-06-2014

Articolo di Ratman71


Anche quest’anno il cartellone dei concerti estivi si era palesato ricco di eventi interessanti e tra gli altri avevo deciso di andare al concerto di Rob Zombie e Megadeth che si sarebbe dovuto tenere all’Ippodromo di Milano. Evento interessante anche se un po’ caruccio: 46 euro era infatti il prezzo in cassa la sera del concerto. L’offertona della prevendita vendeva il biglietto a 40 ma aggiungi 4 di prevendita appunto e 2 nientemeno della stampa si arrivava a …46 euro! Si trattava comunque di 2 band e la serata si preannunciava interessante. Immaginatevi quindi la seccatura di dover spendere la stessa cifra anche dopo l’annullamento del tour da parte dei Megadeth causa lutto di parente. Ma tant’è avevo curiosità di vedere uno spettacolo solo di Zombie non all’interno di un festival e, spostato nel più raccolto Alcatraz, ho potuto in coscienza rendermi conto che non ne vale la pena. Tra parentesi meglio lo spostamento all’Alcatraz dato che il pubblico era abbastanza scarso e nel grande spazio dell’Ippodromo sarebbe sembrato ancora più desolante lo scenario.  Prima di passare al concerto mi scuso per il pippone monetario ma è un argomento a cui sono sensibile e tutte le volte che gli organizzatori si inventano queste fantastiche prevendite mi sento un po’ preso per il culo.
Ma torniamo a noi: dicevo che non ne vale la pena perché, pur avendo a disposizione praticamente tutta la serata per sé, di spalla Powerman 5000 gruppo industrial del fratello, il Nostro non è riuscito ad esibirsi per più di 75 minuti che tradotto in lancette fanno un’ora e un quarto! Il gruppo, ottimo con John 5 e Ginger Fish entrambi ex Manson, ci prova ma l’impressione nemmeno troppo celata è che già dopo mezz’ora si cerchi solo di tirare in lungo. L’inizio promette bene anche se le pause tra una canzone e l’altra con scambi di “yeah” e “scream” rivolti al pubblico rompono un po’ il ritmo. A un certo punto parte “Enter Sandman” che non c’entra un cacchio ma fa sempre piacere sentirla. E’ solo “una” cover, ma se aggiungi “Am I Evil?” e la conclusiva “We’re an american band” fanno 3 dico 3 cover!
Per non farsi (e farci) mancare niente su “Am I Evil?” sale sul palco anche Cristina Scabbia dei Lacuna Coil visto che la gnocca riscalda sempre gli animi. Insomma le canzoni ci sono tutte ma le hit sono quelle e non si scappa, “Superbeast”, “Living Dead Girl”, “More Human Than Human”, “Teenage Nosferatu Pussy” e la splendida “Dragula” come canzone finale prima dei saluti, ma poco altro. In cerca di ulteriore simpatia il nostro indossa maglia da calcio e bandiera dell’Italia e improvvisa corsetta tra il pubblico per qualche selfie dei fan.
La curiosità me la sono tolta e per quanto Rob Zombie mi piaccia come personaggio, per l’immaginario horror e fumettistico che si porta appresso, non credo che le nostre strade torneranno ad incrociarsi presto.

domenica 13 luglio 2014

PARTE QUARTA -WALTER WHITE E L'ANTIEROE MODERNO

Parte tre



L’antieroe non è stato inventato nella serialità moderna da Breaking Bad. E’ almeno dai tempi dei Soprano e prima di questa di OZ che le serie moderne della tv via cavo americana hanno posto al centro dell’attenzione eroi disfunzionali e antieroi che fino a poco tempo fa sarebbero stati semplicemente catalogati come dei “cattivi”. Nei Soprano il protagonista è un mafioso, ma calato nella realtà di tutti i giorni che non è poi così diversa da quella di un pater familias della media borghesia americana con l’aggiunta di problematiche esistenziali nei confronti della figura materna esplicitate nelle sue sedute terapeutiche.
Walter White ne è la versione estremizzata. In Breaking Bad il punto di partenza è proprio quella middle class di cui mister White fa parte da tutta la vita: non nasce in una famiglia mafiosa, non in un club di motociclisti, non viene dalle periferie, non è un duro o un poliziotto corrotto. Mister White si presenta nell’aspetto e nel tipo di vita, nelle debolezze e nelle fallibilità, come qualcuno in cui possiamo immediatamente riconoscerci essendo nato e cresciuto in un mondo borghese di cui ha sempre condiviso i valori e le imposizioni sociali. Un contesto a noi riconoscibile e da cui peraltro non si distaccherà mai completamente.
Sin da subito però scopriamo che Walter White è un genio della chimica che ha contribuito a uno studio che ha vinto il Nobel (Pilot) e che ha cofondato con il suo vecchio compagno universitario Elliott Schwartz una società leader nel mondo della chimica: la Gray Matter. Un genio quindi che a fronte di tali capacità “straordinarie” è calato in un contesto “ordinario” in cui si arrabatta per arrivare a fine mese insegnando in un liceo a studenti svogliati.
Walter White nonostante le eccezionali capacità è un uomo fallito professionalmente e un uomo che, come dirà lui stesso nell’episodio “Gray Matter” (1x05), non sembra essere mai riuscito a prendere veramente in mano la sua vita. Il fallimento professionale per Mister White è prima di tutto il riflesso di un fallimento umano.
Anche le relazioni all’interno del nucleo familiare non sono del tutto soddisfacenti: Walter è insofferente verso il cognato Hank che, pur riconoscendone le capacità, lo vede come un debole e non gli risparmia frecciatine che lui mal digerisce (Pilot), così come mal sopporta l’ammirazione che il cognato “eroe” suscita nel figlio (ep.2x10 “Over”).
Una ferita in particolare brucia poi nell’animo di Walter più di ogni altra sconfitta: il suo abbandono della Gray Matter è probabilmente dovuta a un “affaire” tra Elliott e l’allora sua fidanzata Gretchen (i due poi si sono sposati gestendo insieme la società). Per lasciare la società accetta una buonuscita di 5.000 dollari a fronte di guadagni miliardari che la società si procurerà negli anni a venire. Nell’episodio Buyout (5x06) Walter stesso configura la sua costruzione di un impero criminale come una rivincita su quella primigenia sconfitta.
La storia di Walter White non è quindi quella di un uomo buono che si incazza, perché Walter non è tanto un uomo buono quanto un uomo che sembra essersi rassegnato di fronte ai fallimenti e alle sconfitte della vita, in una sorta di depressione esistenziale ben espressa da quella paura di vivere che lo tiene sveglio ogni notte (vedi dialogo con Hank nell’ep.2x07 “Negro y Azul”). Una condizione che lo rende insoddisfatto e che con il tempo gli sta sempre più stretta avendo anche coscienza di valere molto più di quello che la vita gli ha dato.
All’inizio l’alter ego criminale di Walter, Heisenberg, si presenta come una maschera che Walter usa per accedere al mondo criminale, ma capiamo presto che in realtà Heisenberg è sempre vissuto sottopelle in Walter come espressione di una rabbia controllata, ma sempre meno controllabile. Una rabbia che aveva bisogno di una miccia, di una scintilla per esplodere e che nella serie si concretizza nella, di fatto, sentenza di morte che la diagnosi di cancro ai polmoni porta con sé, scatenando qualcosa che in maniera embrionale esisteva già.
Heisenberg non è altro da Walter, ma è Walter stesso, la parte più oscura e rabbiosa di ognuno di noi. Potremmo definire Walter e Heisenberg come due polarità dello stesso carattere emerse in reazione a condizioni diverse della vita. Sono le mutate circostanze che lo hanno rivelato, anche a se stesso, come un uomo capace di atti estremi e violenti.
L’“Heisenberg” di Walter marca da un lato la differenza con noi spettatori comuni e ci fa entrare in un mondo di finzione essendo l’elemento straordinario che infrange la moralità comune e fa cose incredibili, ma dall’altro ci avvicina ancora di più a Walter in quanto inizialmente esprime sentimenti e meccanismi che animano ogni essere umano adulto e moderno: l’invidia, l’insoddisfazione per la propria vita e per le proprie scelte (se le scelte sono state poi effettivamente nostre), la frustrazione, il desiderio di riscatto e di autoaffermazione. Per questo comprendiamo così bene il protagonista perché in ognuno di noi può esserci un Heisenberg potenziale che in determinate circostanze saremmo capaci di tirar fuori a nostra stessa insaputa. O che desidereremmo poter tirar fuori.
Quindi la trasformazione di Walter nel corso delle cinque stagioni è una trasformazione interna di ciò che la vita e la società ha imbrigliato.
Walter non è Dottor Jekill e Mister Hyde, non è dicotomico, ma come ogni persona si muove il  più delle volte tra queste due estremità non essendo mai completamente uno o l’altro ma essendo sempre entrambi con tutte le sfaccettature umane possibili nell’infinita scala dei grigi che sta in mezzo. 
Pur spostando sempre più in là l’asticella di ciò che è lecito, di ciò che è morale e di ciò che è necessario Walter non perde mai sé stesso. Semmai scopre una parte di sé stesso rimasta imbrigliata per anni e pur commettendo cose orribili riesce a completare il suo quadro umano rendendolo perfino più soddisfacente per sé. Col tempo si rende conto che non solo può convivere con il rimorso (impersonato da una mosca), ma anzi riesce a dormire bene senza svegliarsi attanagliato da quella paura che lo aveva imbrigliato tutta la vita, per la prima volta capace di vivere come se ogni giorno fosse l’ultimo.
E’ quindi anche ovvio quale dovrebbe essere la mia risposta alla domanda che molti fan si sono fatti durante le stagioni della serie: questa avventura nel mondo criminale Walter White la fa per sé o la fa per la famiglia? Dopo l’episodio finale non sembra nemmeno che ci siano dei dubbi in quanto, nello splendido confronto con Skyler in “Felina”, Walter ammette con semplicità la verità: “I did it for me. I liked I was good at it. And I was really…I was alive”.
Ma, premesso che reputo difficile credere che qualcuno possa entrare con tanta determinazione nel mondo del crimine se non lo facesse prima di tutto per sé, è anche vero che reputo che Walter White lo faccia anche per la famiglia. Le sfaccettature del personaggio rendono perfettamente conciliabili le due cose, almeno nel suo modo di vedere e pur essendo un padre snaturato e un marito bugiardo il desiderio di lasciare dei soldi ai propri cari dopo la sua morte è sempre stato autentico. La cosa che ho cercato di mettere in rilievo è che l’importante per Walter era che voleva farlo a modo suo, qualsiasi altra strada sarebbe stata solo un’ulteriore sconfitta da aggiungere alle altre. Per questo non si ferma mai nella sua ascesa criminale, se non quando lo decide lui.
Walt è comunque un family-man e sempre resta tale nel corso delle stagioni nel vano tentativo di conciliare la famiglia con le attività criminali, desiderando anche proteggerli dalle conseguenze nefaste delle sue azioni, cosa peraltro impossibile.
Breaking Bad è una serie che nelle sue cinque stagioni ha sempre messo in chiaro che ogni azione aveva una “reazione” (come nella chimica) e una conseguenza. Il bisogno di autoaffermazione dell’antieroe Walter White comporta la negazione del contesto da cui è partito ovvero la distruzione fisica di persone indifferenti e/o nemiche e la distruzione morale delle persone più care e/o vicine che vengono inghiottite dall’egotismo di colui che si deve affermare (e penso anche al sodale Jesse Pinkman che rappresenta un po’ la “famiglia criminale” di Walter).
Come la storia di Breaking Bad ci insegna “All Bad Things Must Come To An End” e la famiglia grande motore delle azioni di Walter è proprio quella che verrà schiacciata e in parte distrutta dal desiderio di riscatto sempre più violento del protagonista.
E questo è il vero messaggio di Breaking Bad, la radice più profonda dell’essere umano moderno e non, ovvero l’autodeterminazione di fronte all’inevitabile (la morte) e la presa di coscienza di quanto saremmo in grado di spingerci per arrivare ad affermare noi stessi.

Ovviamente come ho già espletato negli altri punti per raccontare quest’avventura Breaking Bad non disdegna di pescare consapevolmente e a piene mani dalla cultura popolare cinematografico – fumettistica. Il sito 400 calci fa un paragone diretto tra Breaking Bad e le grandi saghe cinematografiche più famose come Indiana Jones e Star Wars.
Se ci fermiamo un attimo a pensare, il protagonista quando entra nel mondo criminale (straordinario) assume quasi le sembianze di un antieroe di tipo fumettistico con tanto di identità segreta, nome d’arte (Heisenberg, nome di un noto fisico tedesco responsabile della teoria quantistica della materia, i cui legami col nazismo non furono mai del tutto chiari) e costume d’ordinanza: pelata, cappello, occhiali scuri e un pizzetto di stampo luciferino.
Non è arbitrario parlare di superpotere perché quasi tutta la serie si basa sulle straordinarie capacità di “cuoco” di Walter unico in grado di cucinare una metanfetamina pura al 99% e che nessuno riesce a fare a quei livelli, oltre alle capacità di tirarsi fuori dalle situazioni più disparate e disperate con degli incredibili escamotage.
E’ un caso che Damon Lindelof lo abbia paragonato a Batman?
Citando l’articolo dei 400 calci “Sympathy for Mr.White”: “Breaking Bad è una grande saga antiarchetipa, che rovescia le tipologie classiche facendoci parteggiare per un personaggio dalla moralità in caduta libera e prendendoci a schiaffi sempre più forti ogni volta che dimostriamo di perdere la bussola anche noi insieme a lui. Non è che siamo in assoluto troppo vecchi per farci forgiare da una saga; è che nel frattempo siamo stati forgiati da venticinque anni di VITA, lustri e lustri di sistematica demolizione degli spensierati ideali manichei che ci erano stati inculcati da Indiana Jones; ebbene Breaking Bad arriva a colmare questo vuoto, proponendoci l’unico eroe in cui possiamo ancora credere: un antieroe disfunzionale, disonesto e fallibile che, in modo miracolosamente credibile, pur soffrendo e mandando a puttane la vita di tutti (poi dice uno si identifica), riesce ugualmente a fare un botto di cose fighissime, ammazzare i cattivi in modi fantasiosi, indossare tute gialle e sciogliere bambini nell’acido”.

Breaking Bad riesce a offrire un tipo di intrattenimento avvincente, immediato e potente grazie a una trama solida, dei personaggi stratificati, uno stile contaminato e una riscrittura del concetto di ritmo, ma al tempo stesso riesce a veicolare un prodotto complesso e stratificato.

NOTE:
-      la serie è durata 6 anni per 5 stagioni (dal 2008 al 2013). La quinta stagione è stata divisa in due tronconi di 8 episodi trasmessi a distanza di un anno l’uno dall’altro. Su schermo l’azione ricopre un arco narrativo di due anni e quasi ogni episodio e ogni stagione riprendono l’azione dal momento in cui termina nell’episodio o stagione precedente. Sono poche le ellissi narrative.
-      La prima stagione doveva essere di nove episodi. Ne è durata solo 7 a causa dello sciopero degli sceneggiatori. Per questo la prima stagione non ha un vero finale, che si può considerare a buon titolo l’episodio 2x02.
-   La serie oltre ai premi per gli attori ha vinto un Emmy come miglior serie drammatica nel 2013 e un Golden Globe nel 2014 più tutta una serie di premi tecnici e minori. E’ ancora possibile che vinca l’Emmy quest’anno.
-      La serie nel 2014 è entrata nel Guinness dei Primati come serie più amata dai critici grazie alla quinta stagione che ha raggiunto su Metacritic un punteggio di 99/100. Il precedente record di 98/100 era detenuto dalla serie The Wire.
-    Su imdb la serie ha il voto più alto raggiunto fino a oggi da una serie televisiva con un punteggio di 9,6 su 10 (e più di 500.000 utenti votanti). L’episodio “Ozymandias” ha un voto di 10/10.
-      Anthony Hopkins ha scritto una mail di ammirazione a Bryan Cranstone e al cast di Breaking Bad facendogli i complimenti per la serie.
-      Ci sono vari omaggi a Breaking Bad nei media americani. In un episodio dei Simpson la  “gag del divano” è dedicata a  Marge che cucina la blue-meth mentre sullo schermo appaiono Walter White e Jesse Pinkman. Anche Family Guy (I Griffins) ha dedicano una parodia a Breaking Bad in cui Peter Griffin ripete come un mantra che è la serie migliore di sempre (insieme a The Wire), in un altro episodio Cranton in persona appare parodiando se stesso. In un episodio della serie canadese Continuum viene citato Heisenberg (non il fisico, ma proprio il cuoco di metanfetamine). Il DJ Steve Aoki ha accompagnato un suo singolo con un videoclip che è un omaggio alla serie.
-   A giugno di quest’anno è partito il remake colombiano di Breaking Bad che si chiama “Metastasis”.
-   Agli inizi del 2015 partirà lo spin-off “Better Call Saul” con protagonista l’avvocato Saul Goodman prima di incontrare il suo cliente più famoso. La serie è già stata rinnovata per una seconda stagione per un totale di 23 episodi (10 nella prima stagione 13 nella seconda). Peter Gould inventore del personaggio sarà lo showrunner insieme a Vince Gilligan. Gould ha di recente dichiarato che la timeline non sarà lineare e lo show potrà essere collocato oltre che prima, anche durante e dopo Breaking Bad.
-      Il sito Badtv ha raccolto qui 34 curiosità su Breaking Bad.

-      E’ stata la prima serie in vita mia che ho seguito in contemporanea con gli USA (gli otto episodi finali).

lunedì 7 luglio 2014

PARTE TRE - IL SUCCESSO E’ UNA QUESTIONE DI CHIMICA: GLI ELEMENTI CHE INTERAGENDO RENDONO BREAKING BAD UNA SERIE UNICA.

Parte due qui

7) IL TEASER
Il teaser o cold open in una serie tv è quello che succede dopo l’eventuale riassunto e prima della sigla. E’ un modus operandi narrativo che serve a catturare lo spettatore per tutta la durata dell’episodio. Quei minuti prima della sigla sono quelli che in una serie crime-poliziesca presentano l’omicidio da risolvere o, in una serie fantascientifica o d’azione, il mistero da sciogliere.
Il teaser di Breaking Bad è fondamentale nella narrazione ed è anche uno dei miei momenti preferiti perché gli autori della serie ne sfruttano appieno tutte le potenzialità e non solo quello di “premessa agli avvenimenti”.
Il Pilot di Breaking Bad è già un esempio perfetto: all’inizio vediamo un cielo blu, dei pantaloni color cachi volare, un caravan correre nel deserto e un uomo in mutande al volante con indosso una maschera a gas accanto a un uomo svenuto. Subito dopo quello stesso uomo scende dal caravan e gira un video dedicato alla famiglia in cui dice di chiamarsi Walter Hartwell White, in sottofondo delle sirene e poi il signor White punta una pistola verso l’orizzonte. Parte la sigla e l’episodio ricomincia tre settimane prima con lo stesso uomo in una casa, a letto con la moglie, che si alza in preda all’insonnia per fare ginnastica. Si rimane spiazzati e ci si chiede che cosa sarà mai successo per portare mister White in mezzo al deserto. Scopriremo solo alla fine come gli avvenimenti del teaser si ricollegheranno al resto della storia. 
Breaking Bad non si ferma qui e usa il teaser nei modi più disparati e non limitandosi a un flashforword di ciò che accade nell’episodio. La seconda stagione si apre con immagini in bianco e nero di una piscina, di un occhio finto che galleggia e di un orsacchiotto di un vivido colore rosa con mezza faccia bruciacchiata. Questi elementi non avranno alcuna spiegazione all’interno dell’episodio stesso e il ripetersi di questa sequenza in altri cold open, a cui vengono aggiunti ogni volta nuove immagini, fa capire che siamo di fronte a qualcosa che verrà spiegato alla fine della stagione. E infatti solo nell’ultimo episodio le immagini viste acquisteranno un significato.
Anche la quinta stagione si apre con un flashforward del protagonista a cui gli avvenimenti della stagione dovranno a un certo punto ricollegarsi.
Altre volte siamo di fronte ad avvenimenti che avvengono in contemporanea, ma a chilometri di distanza come l’apertura della terza stagione che inquadra due messicani mai visti prima nella serie che strisciano per terra fino a un tempio della Santa Muerte (un culto veramente esistente in Messico e molto popolare tra i Narcos), per cui la domanda dello spettatore nel corso delle puntate diventa: “Chi sono questi due messicani? Quando e come si incontreranno con i nostri protagonisti?”.
E' il teaser che setta il tipo di visione e di aspettative che deve avere lo spettatore.
Altre volte ancora assistiamo a dei flashback sia dei protagonisti, sia dei personaggi minori della serie. Non è raro quindi che in Breaking Bad il teaser serva a spezzare la linearità spazio-temporale tipica delle vicende narrate da serie non fantascientifiche (e probabilmente Vince Gilligan deve ringraziare ancora la sua pregressa esperienza in X-Files), inserendovi anche vicende che non avrebbero avuto spazio nel normale svolgimento dell’episodio.
Ogni volta che inizia un episodio di Breaking Bad non si sa mai cosa mostrerà il teaser.
Alcuni teaser sono totalmente imprevedibili, come quello di “Negro y Azul” (2x07) in cui si assiste a tre messicani che cantano un narcocorrido dedicato alle vicende del narcotrafficante gringo “Heisenberg” (la canzone è originale e scritta apposta per la serie dal gruppo “Los Cuates de Sinaloa”). Una canzone dal ritmo allegro accompagnata da testo e immagini drammatiche.


Altre volte ancora, pur mantenendo la linearità della narrazione, il teaser contiene alcuni momenti talmente memorabili da essere diventati più famosi dell’episodio stesso, come il dialogo tra Heisenberg e alcuni narcotrafficanti in “Say My Name” (5x07).

Una parte del teaser di Say My name (non l'ho trovato completo su youtube, ma la parte più bella c'è tutta):



8) L’ATTENZIONE AI PARTICOLARI
Breaking Bad è attenta ai particolari e fa uso come altre serie di citazioni interne.
Nella seconda stagione unendo i titoli dei quattro episodi che presentano il teaser del flashforward in bianco e nero si ottiene “Seven-Three-Seven Down Over ABQ” ovvero un’anticipazione di quello che succederà a fine stagione.
Il volto di Gus Fring nel finale della quarta stagione rimanda direttamene all’orsacchiotto rosa che ossessionava i fan nei teaser sopra citati.
C’è anche uno studio cromatico nella serie a partire dal rosa dell’orsacchiotto fino al verde della sigla e al giallo delle tute da lavoro, passando dal viola degli arredi di Marie e dai cognomi cromatici dei protagonisti Pinkman (uomo rosa) e White.
Il caso più eclatante è la metanfetamina cucinata dal signor White il cui marchio di fabbrica è il colore blu. Come dirà la nevrotica e spietata Lydia nella quinta stagione si può derogare sulla purezza della droga, ma non sul colore. Mister White ha creato un vero e proprio prodotto industriale (la “Blue Sky Meth” che lui stesso definisce la Coca-Cola delle droghe nel teaser di “Say My Name”) e come tutti i prodotti di massa è un brand riconoscibile, in questo caso grazie al colore.
Gran parte degli episodi della prima stagione sono citazioni di classici film americani come ha spiegato lo stesso Vince Gilligan nei contenuti speciali dei DVD: unendo il titolo della seconda e terza puntata della prima stagione si ottiene la frase “Cat’s in the Bag and the Bag in The River” ovvero una citazione di un film drammatico come “Sweet Smell of Success” (in italiano “Piombo Rovente”), “Crazy Handful or Nothing” è una citazione di “Cool Hand Luke” (“Nick Mano Fredda”) altro classico hollywodiano con Paul Newman, A No-Rough-Stuff-Type Deal titolo dell’ultimo episodio della prima stagione è una citazione del film dei fratelli Coen “Fargo”. Tutti i titoli riflettono ciò che sta accadendo in quell’episodio, nella serie e nella vita di Walter.
Nelle stagioni successive alcuni titoli sono in spagnolo sia per richiamare l’utilizzo della lingua spagnola che in New Mexico è largamente diffusa, sia per richiamare l’influenza nella storia dei cartelli messicani.
Nella serie vengono anche citati vari elementi culturali e abitudini del cartello messicano della droga: la Santa Muerte, il narcocorrido, o la pratica di usare rituali ben precisi per uccidere nemici e traditori (in questo caso la pratica della decapitazione sia a spese di Tortuga che di Hank).


E il Teddy Bear (l'orsetto rosa):



9) LA MUSICA
La musica è parte integrante della serie e con il procedere delle stagioni ne diventa uno degli elementi più caratteristici e vitali
Si spazia dai classici della musica jazz (Nat King Kole) e british rock (Badfinger) all’alternative rock (Calexico) al rap (Ana Tijoux), fino a forme di musica tradizionale come il fado dei Los Zafiros o il narcocorrido con la già citata “Negro Y Azul” scritta apposta per la serie dai "Los Cuates de Sinaloa” e conosciuta tra i fan come “la canzone di Heisenberg”.
Ma la musica diventa protagonista della serie nella misura in cui accompagna momenti emotivamente importanti o sottolinea passaggi cardine della serie così da creare un legame evocativo con le immagini grazie a curatissimi montaggi. Così “He Venido” dei Los Zafiros riporta alla mente la distruzione di un oggetto iconico come il van in cui Jesse e Walt hanno cucinato nelle prime stagioni, “Crawl Space” di Dave Porter (responsabile dello score originale della serie) sottolinea un momento angosciante, mentre "Black" di Danger Mouse e Daniele Luppi accompagna una rivelazione sconvolgente. Altre volte la musica fa risaltare dei momenti che assumono un sapore epico come la camminata al ralenty di Gus Fring in “Face/Off“ (4x13 -“Goodbye” degli Apparat) degna del duello finale di un vero western o ancora la scena finale di “Granite State” in cui viene usato per intero il Main Theme della serie.
Gran parte di queste canzoni sono accompagnate da interessanti montaggi: “1977” il rap di Ana Tijoux sottolinea il passare del tempo grazie a un montaggio accelerato, “Crystal Blue Pesuasion” di Tommy James and The Shondelles con un montaggio più tradizionale oltre al passare del tempo rimarca anche la routine dei gesti che i personaggi fanno.
Le note malinconiche del jazz di Nat King Cole accompagnano una vera propria strage che grazie a un montaggio alternato ci mostra il livello di cattiveria raggiunto dal protagonista.
Altri montaggi associano una canzone dall’incedere allegro ad immagini drammatiche (vedi il già citato e postato video di “Negro Y Azul”). Altre volte certe canzoni sono così fuori contesto da sottolineare l’eccentricità di un personaggio come Gale Boettigher che canta in perfetto dialetto milanese “Crapa Pelada” del “Quartetto Cetra” e poche puntate dopo viene mostrato in una strepitosa performance da karaoke con “Major Tom” di Peter Schilling (misconosciuto cantante tedesco).
Infine in alcuni casi la canzone accompagna un avvenimento così importante che basta citare il titolo per evocare la scena a cui questa resterà sempre legata: “Baby Blue” dei Badfinger vi dice nulla?

E qui mi sbizzarrisco. Ecco alcuni dei miei momenti e montaggi musicali preferiti (alcuni non sono riuscita a trovarli su youtube sigh):

La distruzione del caravan:


Gale canta "Crapa Pelada":


La camminata di Gus:


Jesse e Mike nella scena della macchina:



Il main theme suonato interamente:




10) LA POESIA
No, questo punto non è per dire che Breaking Bad è una serie poetica. Anzi diciamo che di poetico in Breaking Bad non c’è nulla, forse solo l’episodio della seconda stagione “4 Days Out” ha dei momenti poetici.
Per poesia intendo proprio le poesie.
L’episodio forse più famoso dell’intera serie e da molti considerato il più bello “Ozymandias” (5x14) prende il nome dal sonetto omonimo di Percy Bysshe Shelley.
Ozymandias era il soprannome di Ramesse il Grande, faraone dell’antico Egitto e nel sonetto Shelley immagina di incontrare un viaggiatore che gli racconta di avere letto un’iscrizione che recita:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nel promo bellissimo che accompagna il lancio della seconda metà della quinta stagione sentiamo Bryan Cranston recitare il sonetto.
E’ ovviamente possibile leggere gran parte della stagione finale alla luce del sonetto diventato emblema della caducità del potere umano.
Ma non c’è solo Shelley in Breaking Bad.
Anzi il poeta più importante e legato a Breaking Bad è Walt Whitman fissazione del chimico Gale Boettigher la cui opera contenuta nella raccolta di poesie “Leaves of Grass” (Foglie d’erba) attraversa come un fil rouge la serie diventandone un vero e proprio attore!

Il video ufficiale di Breaking Bad in cui Bryan Cranston recita Shelley:



sabato 5 luglio 2014

PARTE DUE - IL SUCCESSO E’ UNA QUESTIONE DI CHIMICA: GLI ELEMENTI CHE INTERAGENDO RENDONO BREAKING BAD UNA SERIE UNICA.

Parte uno qui

4) IL GENERE E LO STILE
Spiegato di cosa parla Breaking Bad ci si potrebbe chiedere quale sia il genere di Breaking Bad.  Sicuramente è un crime drama, certo, ma, e questo può spiazzare molti che non se lo aspettano, Breaking Bad è anche un family drama.
La famiglia è un elemento portante della serie e il minutaggio dedicato ad essa è uguale se non superiore a quello dedicato alle vicende criminali del protagonista. Le interazioni all’interno di casa White/Schrader vengono scandagliate fin nei minimi particolari e la serie è piena di tipici momenti familiari con feste, pranzi a bordo piscina e scene di vita facilmente rapportabili a quelle di qualsiasi famiglia media del globo. Con l’incupirsi della serie questo quadro familiare diventa sempre più uno specchio per le allodole dietro il quale si consuma un dramma, in particolare tra i due coniugi, di cui nessuno riesce, nemmeno i familiari più stretti, a capire la portata (il cancro funge per parecchio tempo come scusante delle varie stranezze di Walter).
La serie quindi si muove sia nel mondo familiare, su un piano che potremmo definire ordinario, sia nel mondo criminale in un piano che possiamo definire straordinario.
Per Breaking Bad si parla giustamente di realismo psicologico. Quando la serie si concentra sulle dinamiche familiari possiamo benissimo parlare anche di realismo del contesto e dello stile narrativo. Quando però i personaggi si spostano nel mondo del crimine la serie assume uno stile a volte iperrealistico, a volte fantastico, a volte fumettistico (e non è un termine dispregiativo).
Ecco allora che a scene realistiche si accompagnano e si alternano scene pulp (qualcuno ha parlato di testuggine?), personaggi esagerati, morti granguignolesche, eventi astrusi, momenti grotteschi e surreali a cui corrispondono delle accelerazioni improvvise e inaspettate, che spezzano il ritmo misurato della narrazione e che fanno svoltare la trama. Sono veri momenti di rottura che aumentano con il progredire delle stagioni.
Il sito 400calci ha paragonato la visione di Breaking Bad a un giro sull’ottovolante emozionale.
Nelle prime stagioni poi, pur mettendo in scena una storia nerissima e drammatica, la serie riesce ad alternare momenti drammatici a folgoranti momenti di humor nero, anche all’interno di uno stesso episodio o di una stessa scena. Le innate capacità comiche di Bryan Cranston sono sicuramente andate a vantaggio della serie. Lo stesso Cranston, infatti, afferma che Walter White è involontariamente comico.
Breaking Bad è quindi un’ibridazione di media (cinema, fumetti, tv), di generi cinematografici e di stili narrativi, tutti sapientemente bilanciati. E’ un crime drama, un family drama, un thriller, una tragedia shakespeariana e un western moderno dal sapore epico.
La potenza del racconto quindi sta nell’inserire nel contesto realistico un sottocontesto volutamente caricaturale, volutamente esagerato, volutamente caotico e volutamente mitologico che emerge soprattutto quando ci spostiamo nell’universo criminale. Breaking Bad riesce laddove quasi tutte le altre serie falliscono ovvero riesce a mantenere coerente il livello narrativo realistico bilanciandolo con un secondo livello meno realistico e più prettamente artistico, di finzione, ancora più coerente con se stesso. I fantasiosi escamotage con cui Walter esce dalle situazioni più improbabili sono un’esagerazione di qualcosa di vero e fattibile ma il riuscire a improvvisare cosi bene da parte del protagonista (e degli autori) è una coerenza del racconto non della realtà.
Ciò che permette a Breaking Bad di non effettuare mai il salto della quaglia è proprio questa coerenza narrativa e la già citata coerenza psicologica dei personaggi, così che le improvvise accelerazioni a cui corrispondono gli eventi più disparati o improbabili si incastrano perfettamente nella struttura narrativa realistica creando uno stile originale e irripetibile.
E’ il sapiente dosaggio di tutti questi contrastanti elementi che produce la reazione chimica perfetta che rende Breaking Bad un’opera unica e inimitabile.

Uno degli escamotage più riusciti di Walter White da "Crazy Handful Of Nothing" (1x06):



5) LA REGIA E LA FOTOGRAFIA
La regia e la fotografia sono altri due punti di forza della serie, laddove ci distacchiamo decisamente da un tipo di ripresa telefilmica per approdare direttamente a una ripresa dal respiro cinematografico.
Per la fotografia si deve ringraziare Michael Slovis che raggiunge il team di Breaking Bad nella seconda stagione e insieme alla regista Michelle McLaren anch’essa arrivata nella seconda stagione contribuisce a dare un carattere molto più definito alla serie. Potremmo dire che se nella prima stagione il protagonista della storia Walter White sia ancora tentennante lo stesso vale per la serie (per quanto abbia già in sé in maniera grezza tutti gli elementi di grandezza successivi). Dalla seconda stagione sia il creatore Vince Gilligan che il suo protagonista assumono sempre maggiore sicurezza e decisione.
I colori si fanno più nitidi e decisi e con il passare delle stagioni, incattivendosi i toni, anche più cupi e scuri.
Uno degli elementi fondamentali della serie è l’ambientazione.
Albuquerque fu una seconda scelta per il team di Breaking Bad. Nell’idea originale di Vince Gilligan la serie doveva svolgersi in California, ma la Sony indicò il New Mexico per una serie di sgravi fiscali di cui poteva godere chi girava nello stato. E fu un bene.
Il team di Breaking Bad ha fatto di ABQ e soprattutto degli incredibili paesaggi del deserto del New Mexico, e non solo, dei veri e propri personaggi della serie con riprese la cui bellezza toglie il fiato (vedi un episodio come il 2x09 “4 Days Out”, girato proprio dalla McLaren).
E non si possono dimenticare quei magnifici colori accesi in cui Michael Slovis immerge tutte le scene ambientate in Messico.
Breaking Bad non si è fatta comunque nemmeno problemi ad usare riprese in bianco e nero come in alcuni teaser della seconda stagione.
Ci sono poi dei virtuosismi registici che potremmo definire marchio di fabbrica della serie come lo sfondamendo della quarta parete, per cui i protagonisti guardano in macchina, un tipo di ripresa che permette di entrare direttamente nelle vicende o le riprese POV (ovvero “point of view” cioè da un “punto di vista”). In alcuni casi in Breaking Bad le ho anche trovate inutilmente esagerate, come la ripresa di Jesse Pinkman /Aaron Paul da una pala, di cui non si capisce il significato, se non che, ormai alla sua quarta stagione, la serie ha assunto una tale sicurezza nei propri mezzi da potersi permettere i vezzi di una prima della classe.
Alcune sparatorie sono riprese in maniera così “cazzuta” che si trattiene il fiato dalla tensione. Il finale di “One Minute” non ha praticamente nulla da invidiare al 99% dei thriller che passano al cinema.
Quest’attenzione all’immagine comunque è dovuta ancora una volta alla mente che sta dietro tutto Breaking Bad cioè Vince Gilligan. In un’intervista rilasciata a una rubrica di RAI4 Gilligan parlava del suo modo di intendere la TV e di come dal suo passato in X-Files avesse imparato il metodo Chris Carter ovvero far vedere una cosa per immagini invece di “spiegarla”.  
Quando Walter White prende la decisione della sua vita assistiamo semplicemente a un uomo che accende in maniera ossessiva dei fiammiferi per poi spegnerli davanti alla piscina avvolto nella luce dell’alba. In quell’immagine del tutto silente si può leggere tutta la disillusione di un uomo che ha ricevuto quasi solo sconfitte dalla vita, ultima delle quali la diagnosi di tumore terminale e quasi possiamo percepire il processo mentale che lo porterà a stravolgere la sua esistenza.
Spesso nella serie sono proprio le immagini suggestive a dialogare direttamente con le nostre emozioni veicolando un messaggio al posto di lunghi e noiosi spiegoni.

Questo bellissimo video raccoglie alcune immagini POV e con sfondamento della quarta parete in Breaking Bad:


Qui sotto un paio di immagini dall'episodio "4 Days Out":





6) I DIALOGHI E LE CITAZIONI
Pur essendo Breaking Bad una serie profondamente visiva e che parla per immagini è altrettanto vero che la serie è piena di dialoghi brillanti e ben calibrati.
Una delle caratteristiche della serie è che i personaggi dicono frasi diventate oggetto di infinita citazione tra i fan in primis quelle del protagonista Walter White/Heisenberg le cui one-liner badass insieme ai suoi tanti momenti di follia/megalomania sono un’autentica goduria per gli spettatori. Frasi come "This is not meth", "Stay out of my territory", “Run”, “I’m in the Empire business” “Nothing can stop this train”, “Thread lightly” o “Say my name” (e tutto il dialogo connesso) sono diventate leggendarie tra gli amanti della serie. Chi dimentica quel “I’m not in danger Skyler, I’m the danger” all’ interno del monologo di Walter che termina con la frase simbolo “I’m the one who knoks”? (la traduzione letterale è “Sono io colui che bussa” che non si sa perché in italiano è stata tradotta con “a me nessuno può sparare” trasformando una potente metafora, quella di colui che viene a bussare alla porta per risolvere i problemi in maniera violenta aka per uccidere, in una frase come tante altre)
Giusto per mostrare quanto fissati possono diventare i fan della serie un attore famoso come Samuel L. Jackson ha reinterpretato il monologo di Walter White in "Cornered" (4x06) e lo ha postato su youtube.
Qui il video:

E l'originale:



Ci sono poi le frasi di lancio delle varie stagioni, altrettanto famose e potenti, come “Remember My Name”, “All Bad Things Must Come To An End” per il lancio degli otto episodi finali e la più famosa di tutte “All Hail The King" con cui è stata lanciata la prima metà della quinta stagione.
Anche Skyler ha un paio di one-liner degne di essere ricordate come “I Fucked Ted” o “Someone has to protect this family to someone who protect this family”
Anche alcune espressioni tipiche degli altri protagonisti sono diventate popolari come il “Jesus Marie” di Hank, ma soprattutto il “Bitch” di Jesse Pinkman, che è diventata la vera parola simbolo della serie e c’è chi in internet ha fatto una compilation contando i "Bitch" che il ragazzo  pronuncia durante la serie:




Sono infiniti poi gli aneddoti e le metafore colorite con cui si esprime l’avvocato Saul Goodman come lo spot televisivo con lo slogan “Better Call Saul” con cui l’avvocato meno legale della storia si presenta al mondo, ma soprattutto il “Belize” che per i fan della serie non ha bisogno di spiegazioni.

Lo spot di Saul Goodman: